di Piero Lacorazza*

«Via dalle città, nei vecchi borghi c’è il futuro», titola il quotidiano La Repubblica, il 21 aprile. Un’ intervista a Stefano Boeri che ha aperto un dibattito interessante nel Paese, o meglio, ha fatto emergere in superficie tanti fiumi carsici il cui corso già da tempo scorreva in questa direzione. Invertire lo sguardo per ‘Riabitare l’Italia’, come ci dice l’editore Carmine Donzelli, è una netta scelta di campo.

Termini come ‘paesologia’ o ‘restanza’ appartengono ormai ad un lessico che ha dato respiro letterario ad una strategia di programmazione avviata ai tempi del governo Monti dal Ministro Fabrizio Barca e oggi rilanciata e rinnovata dal Ministro Provenzano. Civiltà Appennino è una iniziativa che cammina lungo queste strade, attraverso l’Italia interna e interiore, una vertigine che “non è paura di cadere ma voglia di volare”.

Si potrebbe dire, quindi: nulla di nuovo c’è sotto il sole. Così come potremmo banalmente affermare che non ci sarà una vendita di massa delle case in città per spostarsi a vivere e lavorare nei borghi d’Italia.

Ma se nulla di nuovo dice questa intervista e nessun cambiamento radicale e repentino è alle porte, perché questa intervista ha suscitato tanto interesse anche nei social? Si può tranquillamente affermare che il combinato disposto tra un giornale come La Repubblica e un archistar come Boeri determini un impatto di primo piano. Ma a noi non deve interessare tanto questa locomotiva mediatica quanto i vagoni che possiamo agganciare.

Qual è il punto? L’emergenza Covid -19 lascia una scia di fumo, come quella dei treni di un tempo andato, che anche chi é più distante da questa impostazione non può non vedere.

Evitiamo di dare Eco – Umberto – a «apocalittici e integrati»; ogni qual volta accade una tragedia si annunciano rivoluzioni e cambiamenti che dopo poco si sciolgono come neve al sole.

Penso, quindi, che ci sarà futuro nei borghi se nuova e diversa sarà l’idea di futuro e di Paese.

Serve un progetto accompagnato da un coerente disegno istituzionale e amministrativo.

È arrivato il momento di interrogarsi se una programmazione speciale, cosi come è avvenuto con la Strategia Nazionale delle Aree Interne, può vivere all’interno di una legislazione ordinaria senza nessuna specialità territoriale.

È giusto determinare gli organici scolastici con gli stessi parametri per una città e un’area rurale?

Analogo discorso vale per la salute. Ad esempio l’emergenza urgenza e il tempo per arrivare in un pronto soccorso. Oppure riflettere su come sia possibile che in questi territori, in cui la presenza di anziani è maggiore, i posti di lungodegenza sono definiti sulla base di parametri nazionali uguali per tutti? Non parliamo di dotazione infrastrutturale o di mobilità per la quale si “pretende” di riempire i mezzi trasporto con le stesse percentuali di aree con diversa densità di popolazione.

E poi è necessario conoscere questi luoghi per evitare di innestare dinamiche di sviluppo estranee a questi posti.

Non ha senso una contrapposizione tra città e borghi o “adozioni subalterne o elitarie” delle prime verso i secondi. Noi stiamo parlando di Civiltà Appennino, appunto di “Civiltà” non solo come tracciato identitario e storico ma anche come percorso di comunità dentro la modernità e attraversato da diritti. Cosa può diventare l’agricoltura in queste aree nell’era digitale in cui i consumatori ricercano garanzia, qualità e sicurezza alimentare? La fiscalità o l’energia sono le vie differenziali su cui si investire per raggiungere gli obiettivi Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile?

Bisogna ragionare forse intorno a politiche tese a ridurre le diseguaglianze economiche e territoriali, le ingiustizie sociali e spaziali. Scelte che appunto mettano la locomotiva mediatica dell’intervista di Boeri sull’Italia post Covid 19 sul binario della rigenerazione e della resilienza.

Sembrano scelte obbligate. Dipenderà dalla classe dirigente. Ma anche da quanto la cultura della sostenibilità sarà linfa della società.

In questo senso l’Italia ha un futuro, direi migliore, nei suoi borghi.

 

(*direttore Civiltà Appennino)